Prometheus: America's Comeback Team

Personal Infos
Name: 
Maragno
First Name: 
Federica
Category: 
in deep
Language: 
Italian
Prometheus: America's Comeback Team
Prometheus: America's Comeback Team
Prometheus: America's Comeback Team

Secondo l'etimologia greca, Prometeo (da pro e medomai) è colui che pensa prima. Sulla scorta di tale considerazione, si cercherà di leggere il film come un monito. Naturalmente l'intento di questo saggio non è di trarre aruspici da viscere aliene, bensì di riflettere per tempo su argomenti impliciti, che il film lascia intravedere in filigrana. Così su due piedi, il fatto che Prometheus sia uscito nelle sale durante la corsa per la presidenza del mormone Romney può legittimare commenti mordaci, visto l'atteggiamento apparentemente conservatore che permea la pellicola. Si direbbe che il fuoco di Prometeo non abbia portato molta luce al genere umano. Tuttavia, una volta accantonata la facile ironia, emerge l'idea che il film sondi un disagio molto profondo, facendosi carico degli umori - più o meno inespressi - degli Stati Uniti. In quest'ottica lo spirito reazionario è dunque un sintomo che rimanda ad altro, una strategia di difesa nei confronti di una mancanza percepita, che minaccia di destabilizzare il paese: il film esprime il pressante bisogno, piuttosto frustrato e senza un visibile appagamento all'orizzonte, di una leadership forte, capace di restituire fierezza alla nazione. L'urgenza di un punto di riferimento si manifesta da un lato con la ricerca di conferme circa l'esistenza di Dio, o almeno dei 'padri' del genere umano; dall'altro con una demonizzazione del potere procreativo della donna, intesa come madre divoratrice.

Si va alla ricerca dei padri, certo, padri celesti, ma che rappresentano sempre un capo, una guida a cui far riferimento. L'ipotesi della panspermia diretta, così come proposta dal film, pur assecondando il diffusissimo rifiuto statunitense per l'evoluzionismo, propone una lettura dissacrante e desolante: i Creatori sono anch'essi mortali, hanno dna umano e non posseggono il segreto della vita eterna cui ambisce il magnate. Impossibile dunque credere in un potere invincibile, ansia di cui il film si carica. I duri colpi inferti dalla crisi economica, sommati alla presenza di un presidente che ha eretto un baluardo di concreta speranza sgretolatosi progressivamente nell'immaginario collettivo durante il mandato, fanno sì che la fede vacilli e gli americani provino quasi vergogna per il loro paese. Accantonata la civil religion, acquista importanza un oggetto religioso come la croce della dottoressa Shaw, simbolo di devozione e rispetto dell'autorità. E l'autorità politica resta la grande assente in Prometheus. Una prova può essere rintracciata nel film prendendo in considerazione la totale mancanza di riferimenti alla nazione di appartenenza, nemmeno una bandiera, una scelta certamente volontaria. La spedizione è inoltre finanziata da un magnate deciso a sfruttarla per i suoi propri interessi, non da un'istituzione, la NASA o simili. Lo stato non esiste, il progresso scientifico-tecnologico è ormai trasformato in un'esclusiva dei privati, che sfruttano la buona fede di scienziati obbligati a sottostare. Interessante notare come Charlie Holloway, il fidanzato della dottoressa Shaw, al momento dello sbarco sul nuovo pianeta, citi, sbagliando, la celebre frase che Neil Armstrong pronunciò in occasione dell'allunaggio: “This is just one small step for mankind”. In quel periodo la conquista dello spazio, nonostante fosse certo dettata da motivi di tutt'altro genere, favoriva il senso di identità della nazione, che poteva autorappresentarsi come guida di altri paesi. Charlie Holloway, ironizzando su tali condivisi entusiasmi, rivela tutta l'amarezza per una tecnologia ormai svuotata dell'orgoglio della partecipazione, in cui la genuina fiducia nel progresso e nel primato statunitense viene tristemente subordinata ai capricci del singolo. Benché lo scopo del viaggio sia rintracciare i creatori del genere umano, dunque rivelare le origini della vita e rispondere così ai grandi interrogativi dell'umanità, tale compito viene presto svilito dal reale senso della missione, ossia trovare il segreto della vita eterna perché ne possa usufruire unicamente il decrepito magnate.

Una delle caratteristiche apparentemente più reazionarie della pellicola è la sua presunta posizione antiabortista. Nel film la dottoressa Shaw, sterile ma con un alieno in grembo, non riesce a farsi operare finché non programma la macchina chirurgica per una 'rimozione di corpo estraneo'. In realtà il problema è che la macchina è programmata per uomini, vale a dire per un uomo, il magnate che finanzia la spedizione. Oltre alla posizione antifemminista (alquanto démodé, specie se ci si riferisce a un feto più che deforme come quello in questione), entra in gioco l'inquietante scenario dell'assistenza sanitaria negata, della polemica sull'Obamacare. La dottoressa Shaw, benché esclusa dal servizio santario, riesce, croce sul petto e self-reliance nel cuore, a ottenere quello di cui ha bisogno, ma non diritto. Questa interpretazione è però abbastanza sbrigativa: in realtà la scena nasconde un inquietante timore per il potere femminile nel suo complesso, percepito come minaccia all'uomo. La fragilità del paese si ripercuote sull'identità maschile, resa anch'essa fragile, la quale, visto l'inaccettabile disonore, plasma un'immagine di donna a guisa di mostro contro cui puntare il dito. E nel film ogni donna può trasformarsi in grembo portatore di morte. In fondo anche l'astronave aliena, con il suo interno dal design 'organico', potrebbe essere intesa come un grembo in cui si genera morte anziché vita. Inoltre il modo in cui l'alieno estratto dal ventre della dottoressa Shaw, una volta cresciuto a dismisura, attacca l'unico Creatore sopravvissuto, simula un'aggressione sessuale: il corpo extraterrestre, con un orifizio provvisto di denti aguzzi (si potrebbe parlare addirittura di vagina dentata) ha l'aspetto di una donna castratrice. Se un ruolo materno positivo poteva essere ancora riscontrato in Alien (1979), in cui Ripley coccolava un gatto, quanto meno un surrogato di figlio, l'unica figura femminile positiva in Prometheus è la dottoressa Shaw, che, come direbbe Julia Kristeva, è perfettamente inserita nell'ordine simbolico paterno (è una fervida credente) e - alieno permettendo - è sterile, dunque privata delle sue minacciose caratteristiche biologiche. La donna che minaccia il patriarcato, invece, deve essere prontamente schiacciata: è questa, letteralmente, la sorte che tocca a Meredith Vickers, colpevole di mirare al potere del padre: “A king has his reign, and then he dies. It's inevitable”.

Ed ecco che una società come quella dipinta da Prometheus in cui il potere maschile si sente indebolito da una minaccia di genere, tende a produrre ideali superomistici, il cui emblema è David. Si pensi a quanto era diverso il robot di Alien: non prestante, non bello. David soddisfa invece i criteri della più rigida eugenetica, anche se le sue buone maniere sconfinano in movenze quasi omosessuali. É infatti programmato per fornire cure e sostegno all'equipaggio e si appropria così di caratteristiche femminili e materne positive, non più pericolose in quanto scisse dalla possibilità di procreare. In questo scenario in cui si spera quasi che la tecnologia sostituisca angosciosi rapporti di genere, gli stessi Creatori sono rigorosamente maschi, imponenti come statue di marmo: rimane quindi un dubbio circa il modo in cui sarebbe stata creata l'umanità. Resta in sospeso un altro punto da chiarire: il motivo per cui i Creatori abbiano deciso di sterminare il genere umano. Se consideriamo l'umanità una metafora per gli Stati Uniti, nazione giovane e 'figlia', possiamo identificare i Creatori come una metafora per il vecchio mondo, l'Europa. Si potrebbe leggere la volontà distruttrice dei Creatori come un fantasma generato dal senso di inadeguatezza statunitense, dalla vergogna di non riuscire a mantenere il proprio ruolo di riferimento, soprattutto in mancanza di un leader forte in cui riconoscersi. Procedendo per questa via, dunque, si potrebbe forse rinvenire una rappresentazione cinematografica della crisi economica e del trauma per la messa in discussione di dinamiche di potere a livello internazionale. L'epidemia che i creatori tentano di trasferire sul pianeta Terra è un morbo che ha già ucciso quasi tutti gli abitanti del pianeta-colonia. Gli Stati Uniti percepiscono un pericolo originato dalla debolezza del vecchio mondo, portatore di incertezza economica e dunque di distruzione, a cui è necessario reagire con operazioni preventive. A questo punto, però, è tempo che le speculazioni su possibili interpretazioni arrivino a conclusione e che chi scrive aspetti, rifugiandosi in una prudenza, per così dire, epimeteica. Quali che siano gli sviluppi o i sequel, per il momento l'umanità è salva e moderatamente libera. D'altronde, come diceva Reagan, “Freedom is never more than one generation away from extinction”.